Insonnia: cos’è, a quali segnali prestare attenzione e come affrontarla
A cura di Luca Mazzucchelli, Psicologo Psicoterapeuta
Il sonno è una componente essenziale della nostra vita. Decenni di ricerche scientifiche non lasciano dubbi sul fatto che dormire bene è assolutamente fondamentale per la nostra salute fisica e anche mentale.
Purtroppo però non tutti hanno la fortuna di avere un buon rapporto con il sonno e, tra i vari problemi che possono riguardare il nostro riposo, il più diffuso è sicuramente l’insonnia.
In questo articolo andiamo a cercare di capire qualcosa in più di questa condizione, per poi approfondire cosa possiamo fare a riguardo.
Insonnia: cos’è e come si manifesta
Possiamo definire l’insonnia come una condizione di insoddisfazione relativa alla qualità e alla quantità del proprio sonno.
Essa si manifesta con difficoltà di addormentamento (quindi ad iniziare il sonno), difficoltà a mantenere il sonno (che è dunque disturbato da frequenti risvegli), risvegli precoci al mattino con difficoltà a riaddormentarsi, oppure una combinazione di questi.
Nonostante sia un problema “del sonno”, l’insonnia ha ripercussioni che riguardano anche il periodo di veglia: dormire prevalentemente poco e/o male porta con sé sensazioni di affaticamento, sonnolenza diurna, percezione di malessere generale e sintomi fisici come mal di testa, stati tensivi e disturbi gastrointestinali.
A questi si aggiungono problemi nell’umore, aumentata irritabilità, ansia e diminuzione delle capacità cognitive, come concentrazione, memoria e attenzione.
Quando l’insonnia diventa un disturbo clinico: i segnali a cui fare attenzione
C’è da dire che una buona percentuale di adulti sperimenta uno o più sintomi di insonnia nell’arco della propria vita. Questi spesso risultano legati ad eventi stressanti che hanno un impatto negativo sul riposo, come problemi di lavoro, familiari, sociali o di salute. A chi non è capitato di passare una notte in bianco, magari alla vigilia di un esame universitario o di un lavoro particolarmente importante, dopo un evento spiacevole, oppure durante un periodo particolarmente complesso?
Generalmente, una volta risolto o lasciato alle spalle l’evento, le difficoltà nel sonno rientrano spontaneamente.
Talvolta tuttavia, esse possono perdurare, generando un vero e proprio disturbo clinico, il disturbo da insonnia appunto, che riguarda globalmente circa il 7-10% della popolazione.
Possiamo dire che i criteri che ci permettono di discriminare un problema del sonno da un’insonnia vera e propria sono due: la frequenza con cui i sintomi si manifestano e l’impatto sulla qualità di vita della persona.
Rispetto alla frequenza, affinché si possa veramente parlare di “insonnia”, la persona deve riportare fatica a dormire per almeno 3 notti a settimana per un periodo di almeno un mese: da un mese a tre mesi si parla di insonnia “episodica”, da tre mesi in avanti l’insonnia diviene “cronica”.
Inoltre, per ricevere una diagnosi, l’alterazione del sonno deve essere fonte di disagio significativo per la persona e/o condurre ad una compromissione del suo funzionamento in ambito sociale, lavorativo, scolastico, universitario, comportamentale o in altre aree importanti della vita.
Risolvere l’insonnia e migliorare la qualità del sonno: breve vademecum
Se vi siete riconosciuti nella descrizione “clinica” dell’insonnia, la cosa migliore da fare è chiedere un aiuto professionale. Il disturbo da insonnia “vero e proprio” è infatti una condizione seria, che oltre ad abbassare la qualità della vita della persona e causare significativo malessere, è risultata associata ad un rischio aumentato per diverse altre condizioni di interesse clinico, quali ipertensione arteriosa, diabete, obesità e patologie psichiche come disturbi d’ansia e depressione, per citarne alcune.
Detto questo, anche se non soffriamo di “insonnia clinica” ma ci rendiamo conto di avere a che fare con alcuni dei sintomi di questa condizione, magari connessi ad un periodo di particolare stress o preoccupazione o, più in generale, di avere un sonno non ottimale o poco ristoratore, dovremmo pensare di fare qualcosa a riguardo.
Un buon sonno è infatti troppo importante per non occuparcene: non solo ci permette di recuperare energie fisiche e mentali, ma presiede anche a importanti processi ormonali (tra cui il controllo del peso), promuove l’eliminazione delle tossine, provvede alla rigenerazione cellulare e dei tessuti, stimola le difese immunitarie e permette il consolidamento in memoria di informazioni acquisite da svegli. Un cattivo sonno, ovviamente, ci spinge esattamente nella direzione opposta.
Di seguito vediamo 4 spunti utili e subito applicabili per dormire meglio.
- Creare una routine
Mantenere orari di addormentamento e risveglio regolari è la base per una buona gestione del proprio sonno. È importante stabilire un’agenda (ad esempio coricarsi alle 23 e svegliarsi alle 7) e cercare di rispettarla, anche se si è andati a letto più tardi la sera precedente o ci si è dovuti alzare prima per qualche motivo. Un pisolino diurno può essere una buona idea per recuperare, purché non duri più di 20 minuti e non si soffra di insonnia clinica, condizione nelle quale diviene controproducente. - Cosa fare o non fare prima di andare a letto
Le attività in cui ci ingaggiamo nelle ore o nei minuti precedenti al momento di andare a dormire possono influire sulla qualità del nostro sonno.
Tra le attività sconsigliate figurano ad esempio l’uso di dispositivi tecnologici, che dovrebbe essere evitato a partire da un’ora prima dell’addormentamento (la loro luce blu interferisce con il riposo) e l’attività fisica, che in generale migliora la qualità del sonno a patto che sia sospesa almeno 2-3 ore prima di andare a letto a causa del suo effetto attivante.
Meglio invece dedicarsi ad attività che concilino il riposo, come fare un bagno caldo, leggere qualche pagina di un libro o ascoltare musica rilassante. - Caratteristiche ambientali
Un altro aspetto da non sottovalutare riguarda le caratteristiche dell’ambiente in cui riposiamo. Ad esempio, la temperatura ideale per dormire è risultata compresa tra i 15 e 20°, mentre temperature troppo elevate, o troppo basse, andrebbero a interferire con l’addormentamento.
Anche ridurre il più possibile i rumori e creare un ambiente completamente buio possono migliorare significativamente la qualità del nostro riposo, così come scegliere materassi e cuscini di qualità. - Sostanze sconsigliate vs utili
Infine, anche le sostanze che introduciamo nel nostro corpo hanno un impatto importante. A questo proposito, è buona norma non assumere alcolici nelle 2-3 ore precedenti all’addormentamento (l’alcool disturba il sonno), non fumare almeno nell’ultima mezzora prima di andare a dormire (la nicotina è una sostanza stimolante) ed evitare l’assunzione di sostanze eccitanti – come coca cola, thè, caffè – 6 ore prima di andare a dormire. Al contrario, è possibile ricorrere proficuamente ad integratori specifici, che possono rivelarsi validi alleati per favorire l’addormentamento e un sonno continuativo e riposante, con tutti i benefici che questo porta con sé a livello fisico e mentale.

L’autore
Luca Mazzucchelli è psicologo, psicoterapeuta e direttore della rivista Psicologia Contemporanea. Con una community nutrita e molto attiva sul web, è un punto di riferimento in tema di psicologia e crescita personale in Italia.
È docente di “Coaching emotivazionale” presso l’Università Sant’Anna di Pisa e consulente editoriale delle collane di Psicologia Giunti Editore. È stato Vicepresidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia, autore di best seller come “Fattore 1% – Piccole abitudini per Grandi risultati” e “L’era del cuore – Come trovare il coraggio per essere felici”.
Public speaker per importanti eventi nazionali, come il TEDx, mental coach della trasmissione X-Factor nel 2019, è fondatore di LMC S.r.l., prima media company psicologica in Italia che si occupa della creazione di contenuti psicologici.
Riferimenti bibliografici
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